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Artisti emergenti: chi è Filippo Poderini

  • La Redazione
  • 22 apr
  • Tempo di lettura: 3 min

Filippo Poderini è un chitarrista di formazione jazzistica e producer umbro, gestisce lo studio di produzione Audio Monk Prod. a Città di Castello (www.audiomonkprod.com). Ha un disco (Moshi Moshi Pronto Pronto, 2020, Microsolchi) e svariati singoli all’attivo, racconta di provocazioni emotive, contraddizioni, trip mentali e dichiarazioni d’amore post-datate.

Nel 2024 è prevista l’uscita di un nuovo album.

Ha condiviso i palchi con: Dente, Young Signorino, Giorgio Canali, Francesco Pellegrini, Meganoidi, Nicolò Carnesi.


"Filippo, Perché non sei famoso? Me lo chiedeva un giovane trapper sudamericano di 19 anni mentre mixavo il beat che aveva prodotto in casa. C’ho messo qualche giorno per andare oltre il "Boh" che gli avevo risposto a caldo. E un po’ di fastidiosa autocommiserazione, rabbia e accettazione prima di arrivare a capire che ho speso più tempo ad imparare le sfaccettature della musica che a vendere quello che sapevo già fare. Avrei potuto diventare un chitarrista professionista al servizio di qualcuno e magari eccellere in quel campo, alla fine ero bravo, avevo studiato e avevo i titoli. Invece no, non riuscivo a vedere solo un aspetto di questa arte meravigliosa e impalpabile. Avevo una laurea in jazz, ma andavo a ballare la Drum and Bass al Livello 51 a Bologna; suonavo blues con la band, ma ascoltavo Verdena e CSI. Volevo produrre le mie cose, fare sound design. Circa 10 anni fa ho iniziato a fare produzioni elettroacustiche. 5 anni fa ho aperto uno studio nella mia Città di Castello in Umbria (già patria di Monica Bellucci, Frankie hi-nrg, Alberto Burri), Audio Monk. Ero sempre al servizio di qualcun altro, ma avevo tantissimo potere tra arrangiamenti, mix e mastering. Dopo 5 anni di onorato servizio conto terzi, sono riuscito a vedermi dall'esterno e trattarmi come uno dei clienti dello studio. Ho portato fuori questo disco, "Dopamina", in cui ritrovo le mie più grandi influenze: l’elettronica inglese e le produzioni indie italiane. Ho 39 anni, chiamarmi emergente sarebbe grottesco. Sono un onesto professionista che ha vissuto nell’ombra di altri. Avevo paura di ricevere rifiuti, ma ora, alla soglia dei 40, forse non mi importa più." racconta Filippo


Dopamina

La dopamina è il neurotrasmettitore responsabile del piacere immediato e della ricompensa, ma regola anche i ritmi del sonno. Sembra che ne siamo diventati tutti dipendenti. Filippo ne brama la capacità di farlo dormire, perché nelle notti insonni si vedono cose che sarebbe meglio liquidare come un brutto sogno. Nel testo si parla di coraggio per i nuovi inizi, del bisogno di coerenza con se stessi, della necessità di chiudere con le cose vecchie, tossiche, prima di intraprenderne di nuove. 2:22 di Ritmiche post punk alla Molchat Doma con i riff di synth e chitarra alla Kid Laroi. Una rassicurante e catartica nostalgia pervade il sound.


Perché Rimani

Brano che affonda il sound design nella Drum and Bass con un feat. Con un’istituzione dell’indie italiano quale è Giorgio Canali. Si parla di rimpiazzare qualcosa che ci identifica, che non serve più nonostante rimanga lì, solenne, imperitura come i mostri di Lovecraft. Gridano, quei mostri, parole che non comprendo ma mi graffiano lo stesso. Sarebbe stato meglio non ci fossimo mai incontrati, se non fossimo pervenuti l’un l’altro, come dice Canali stesso.


SETE

Il brano è fortemente influenzato dall’elettronica tedesca alla Moderat e si avvale del feat. di un talentuoso rapper umbro, Kime (aka Alessio Nulli). Il brano racconta il sentire in una relazione di co dipendenza. La sete, il bisogno di bere dall’anima di qualcun altro, dalle sue vene per darsi un senso. Quelle situazioni in cui l’altro è una cura palliativa, che non fa bene.


Concept Del Disco

Il disco e il suo sound design sono strutturati per portarti dentro i grandi alti e bassi dell’assenza e presenza della dopamina, tra vuoti drammatici e sub bass che prendono il sopravvento rispetto ai tipici Rickenbacker dell’indie. Le batterie sono spezzate come se passassero attraverso un setaccio; respirano, più IDM alla Burial che ballate alla Calcutta. I synth si confondono coi suoni dei pianeti, o quelli che percepiamo come tali; ho amato Thom Yorke, e credo che mi abbia insegnato lui questo. Le voci sono tante, sono quelle nella mia testa che non mi lasciano mai in pace; sono assillanti ma anche compagnia, simpatiche, sprezzanti, ironiche, distruttive, ma sempre presenti. Gli ambienti sonori e i riverberi sono quelli della dreamcore, degli spazi liminali, e i sample sono come in un collage, testimonianza di qualcosa di distante o non mio; ma lo voglio così tanto che alla fine me lo prendo, anche a costo di rubarlo e metterlo fuori luogo. Niente è al posto giusto dentro di me e bisogna fare con quello che si ha, per quanto contraddittorio e disfunzionale. Nel disco ci sono feat. di lusso: Giorgio Canali, Maestro Pellegrini degli Zen Circus, Young Signorino. Ci sono anche artisti emergenti: alcuni li ho prodotti, altri sono colleghi nello studio o parte di scene più alternative.




 
 
 

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