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L' IMMAGINE DI UN ARTISTA – Contenitore o contenuto?

  • Vincenzo Delli Carri
  • 2 ott 2015
  • Tempo di lettura: 4 min

“Penso che le persone dovrebbero essere incoraggiate ad essere se stesse. Questo è quello che mi fa inca***re riguardo questi programmi dove la gente è giudicata così rigidamente da giudici del c***o che a malapena sono capaci di suonare uno strumento o i loro album di m***a. Mi fa diventare pazzo”. A grandi linee questa la dichiarazione, piuttosto disinibita, di Dave Grohl, di certo una delle star più autorevoli del momento, garanzia del rock - e di sold out - in tutto il mondo.

Indubbiamente i Talent sono oggi il maggior contenitore musicale in molti Paesi, e in particolar modo in Italia sembrano pilotare la quasi totalità del flusso discografico, rappresentando la migliore - se non la sola - forma di promozione musicale per un artista. Ma i Talent si giocano sul territorio televisivo, e va da se che le doti richieste ai concorrenti siano una bella voce con buone capacità tecniche, la 'presenza scenica', ma anche una personalità spiccata quanto malleabile, per adattarsi alle circostanze piuttosto che imporsi con decisione; dunque non propriamente le stesse che potrebbero assicurare al musicista l'affermazione al di fuori del contesto televisivo.

In un già caotico ed impoverito panorama discografico, è comprensibile che i vari format (X-Factor, The Voice, Italian's Got Talent etc..), dovendo garantirsi lungavita a colpi di share, focalizzino l'attenzione su determinati aspetti, uno fra tutti la 'riconoscibilità' – degli artisti, dei contenuti, del format stesso. A questo proposito ho il piacere di riportare un' interessante chiacchierata con Galileo Tarricone, collega e caro amico. Vincenzo: Galileo, una brevissima presentazione. Galileo: Mi occupo di produzione discografica, fotografia e comunicazione a livello professionale da quando ho fondato nel 2009 la mia azienda, la Double Dominant a Torino. Inoltre sono co-fondatore della nascente etichetta discografica Mipson Records. V: Parlando di 'immagine', in senso lato, qual'è il tuo punto di vista?

G: In senso lato, se vuoi vendere un prodotto, devi curarne la confezione.

V: Apple docet! E in senso stretto, relativo alla produzione discografica? G: Prima di tutto è necessario capire qual è il prodotto che si vuole vendere: un singolo? Un album? La maggior parte delle volte si scoprirà che il prodotto da vendere è sempre l’artista stesso. Investire centinaia di migliaia di dollari per un videoclip figo da distribuire gratuitamente su YouTube non è giustificabile se l’unica fonte di reddito è la vendita dell’ mp3 su iTunes ad un dollaro di merda. Si giustifica se serve a creare una fan-base che sarà ben contenta di precipitarsi al concerto pagando 80 dollari di biglietto e si vorrà portare a casa il cd o la maglietta.

V: E se non stessimo parlando delle grandi star e dei loro budget astronomici? G: Il discorso non cambia: investire un budget a sei cifre ha senso se ne guadagni sette. Più basso è il livello, minori saranno gli investimenti e di conseguenza i guadagni, ma la proporzione resterà la medesima. Qualunque produttore onesto sa che dovrà amministrare il budget messo a disposizione dall’artista destinando una parte alla produzione del disco e una parte alla promozione dello stesso. E gran parte della promozione si basa sulla creazione dell’ immagine dell’artista.

V: Secondo te chi è il migliore a fare quello che stai dicendo?

G: Dave Grohl, che citavi prima. Il suo film documentario 'Sound City' è una rappresentazione allo stato dell'arte di come si ottiene ritorno mediatico da un evento che sarebbe stato altrimenti sprecato (l’acquisto del mixer da parte dell' omonimo storico studio di registrazione situato nella periferia di Los Angeles). Riesce a bissare nella serie 'Sonic Highways' per pubblicizzare l’uscita dell’omonimo album della sua band, i Foo Fighters, che ha quindi raggiunto un pubblico molto più vasto rispetto la sua solita fan-base.

V: E in Italia?

G: Non so chi sia il migliore perché non seguo con passione la produzione discografica italiana. Però mi viene in mente un esempio a mio avviso significativo ed interessante.

La prima Arisa era un personaggio giocoso e leggero: cantava canzonette allegre, vestiva in modo bizzarro, e trucco e parrucco la portavano a sembrare una sorta di pagliaccetto, aiutata ovviamente dal naso importante e gli occhiali con la montatura spessa. Poteva scegliere se continuare a vestire i panni del personaggio creato a tavolino fino a quando la gente si sarebbe rotta le palle oppure rischiare l’intera fan-base fino a quel momento coltivata diventando un’artista più matura e meno bidimensionale. Ha scelto la seconda strada ma lo ha fatto in un modo intelligente: nella copertina del disco “Amami” appare Arisa vista di spalle, che si riflette nello specchio del camerino senza trucco, mentre sul tavolo sottostante c’ è la testa di un manichino che indossa la parrucca, gli occhiali e il trucco che l’aveva contraddistinta fino a quel punto della sua carriera. Dal punto di vista della comunicazione è una bomba! E’ come se stesse dicendo: “L’Arisa che finora avete conosciuto è un personaggio creato a tavolino, lo ammetto. Ora che ho la vostra attenzione, posso rivolgermi a voi senza trucco.”

V: E per quanto riguarda il fenomeno dei talent?

G: Dei talent non parlo perché lì non si fa musica, ma televisione. Voler intraprendere la carriera di musicista partendo dai talent equivale a voler diventare attore passando dal Grande Fratello: è vero che Luca Argentero c’ è riuscito, ma è uno su quanti?

E' evidente, ad ogni modo, che la musica stia vivendo una fase di transizione importante, tra streaming digitale e TV show, e il rischio che tutto diventi un gigantesco carrozzone sempre più privo di idee, originalità ma soprattutto autenticità, è piuttosto alto; è pur vero però che gli stessi talent hanno dato il via alle carriere di artisti che pian piano stanno dimostrando tutto il loro talento (M. Mengoni, E. Marrone, Annalisa, fino ai The Kolors) come a dimostrare che la musica in fondo non conosce molte regole, e quando il pubblico ha di fronte una personalità importante la riconosce – o almeno così ci piace pensare. TVshow si o no? Ai posteri l'ardua sentenza.

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